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      Supercompensazione
      23 gennaio 2012 in Fondamenti di Silvio Pinna
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      "È ora di capire che la pelliccia non riscalda, ma conserva solo il calore del corpo; che le medicine non curano il malato, ma aiutano il suo organismo a combattere la malattia; ed infine che la luna non illumina, ma solo riflette la luce del sole. Allo stesso modo è necessario capire che Noi non "alleniamo" l'atleta, ma usando tutti mezzi, metodi e principi che abbiamo a disposizione, lo aiutiamo ad adattarsi alle condizioni di una concreta attività sportiva" Yury Verchoshanskij
      Overload training
      "È l'insieme degli stimoli allenanti ai quali viene sottoposto un soggetto, che causano significative modificazioni dell'omeostasi (insieme delle reazioni specifiche che contribuiscono a mantenere o a ripristinare la costanza dell'ambiente intra ed extracellulare) e/o delle strutture e delle funzioni dell'organismo che risponde a ciò attuando una serie di adattamenti degli squilibri e delle funzioni, a riposo e sotto sforzo, nonché delle strutture, tali da consentirgli di subire minori alterazioni nel caso in cui simili stress si verifichino nuovamente entro un periodo di tempo relativamente breve (supercompensazione); ciò permette all'organismo di sopportare sollecitazioni sempre più intense, come quelle che consentono prestazioni sempre più elevate".
      Tratto da: Allenamento e Sovrallenamento – Aldo Sassi.
      Il concetto di supercompensazione
      Per comprendere meglio quanto verrà trattato in questo articolo si rende necessario analizzare un concetto classico della teoria dell'allenamento: la curva della supercompensazione. Con lo spirito giornalistico che solitamente caratterizza i miei lavori riporterò a tal proposito l'opinione di diversi autori, più delle esperienze personali.
      Modello di Jakovlev:

      "La somministrazione di uno stimolo allenante di sufficiente durata e intensità (overload training) induce una diminuzione delle capacità prestative dell'organismo (già durante l'applicazione dello stimolo stesso) alla quale fa seguito, grazie agli adattamenti messi in atto dall'organismo nella fase di recupero, non solo una lenta riacquisizione (compensazione) delle capacità prestative iniziali, ma anche il superamento di tali capacità: supercompensazione, appunto.
      Matveiev sottolinea l'importanza di introdurre nuovi carichi di allenamento solo dopo il recupero totale del carico precedente, precisando comunque che egli intende per carico quello costituito dall'insieme di alcune unità di allenamento principali: questa regola insomma non dovrebbe essere presa in considerazione per ogni singola seduta di lavoro".
      Tratto da: Allenamento e Sovrallenamento – Aldo Sassi.
      Tempi di ripristino/rigenerazione delle diverse componenti che hanno portato all'affaticamento dopo un carico intenso di allenamento (da Geiger, 1992).
      N. Jakovlev all'inizio degli anni 50 ha stabilito che il principio di Enghel'gard secondo il quale: "il processo primario della disintegrazione provoca o potenzia sempre la reazione responsabile della resintesi" funziona anche per quanto riguarda i processi di risintesi del glicogeno (il contenuto di glicogeno diminuito dopo il lavoro, durante il periodo di riposo, non solo aumenta fin a raggiungere il livello iniziale, ma addirittura lo supera. Le ulteriori ricerche condotte dallo studioso e dai suoi collaboratori, hanno dimostrato che il fenomeno della supercompensazione è corretto anche per il
      creatinfosfato
      proteine enzimatiche e strutturali
      fosfolipidi
      quantità di mitocondri nelle fibre muscolari
      Come si può notare dal grafico sotto, le variabili poste in gioco sono tante, pertanto dovremmo avere nel primo grafico riportato (modello di Jakovlev) non una ma ben 5 curve con tempi diversi di maturazione. Una critica mossa da Stefano Zambelli (MFS ISSA) è che: durante il recupero, non tutte le variabili diminuiscono! Altre al contrario aumentano! Come le proteine muscolari, i mitocondri e i capillari.
      Sempre secondo gli studi di Jakovlev l'unico parametro che viene risintetizzato subito è l'ATP, nel senso che la sua fase di supercompensazione è di brevissima durata. Questo rispecchia le perplessità di alcuni studiosi nell'affermare che i tempi di supercompensazione dei vari parametri fisiologici potrebbero essere diversi fra loro.

      Tratto da Fitness & Sport anno 19 n° 2.
      Successivamente un altro grande scienziato Russo dello sport, Verchoshanskij, riportò alcuni studi molto interessanti: durante la somministrazione di carichi concentrati, ovvero di volumi elevati di lavoro in un breve periodo di tempo (forza esplosiva). Si registrava che questi parametri inizialmente diminuivano e successivamente tornavano al livello iniziale e lo superavano di un buon 30%. Verchoshanskij chiamò questo fenomeno EARLT "effetto di allenamento ritardato a lungo termine dei carichi concentrati di forza", nel suo ultimo libro, questo fenomeno viene definito LDTE "long lasting delayed training effect".

      Le condizioni perché si verifichi l'EARLT sono:
      Il carico è concentrato in un periodo di tempo dalle 2 alle 10 settimane.
      I carichi di forza usati non devono essere di intensità elevata. Il carico concentrato già di per se, rappresenta un fattore importante di intensificazione degli effetti allenanti sull'organismo e non è opportuno aumentare questo attraverso l'utilizzazione di mezzi di intensità elevata.
      Più elevata è la diminuzione dei parametri funzionali nella tappa dell'utilizzazione di carichi concentrati, maggiore sarà il loro successivo incremento.
      La durata della fase EARLT (blocco B) è la stessa della fase di carico (blocco A).
      Se per esempio il nostro obiettivo è quello di incrementare i parametri di forza esplosiva e massimale: nel blocco "A" verrà allenata sia la forza esplosiva che massimale (magari con il metodo della stimolazione) e potrebbe avere una durata ipotetica di 3 settimane. Il blocco "B", ossia la fase di realizzo dell'EARLT (LDTE), durerà anch'essa 3 settimane e sarà caratterizzata da una prima fase di esercizi di forza esplosiva a basso volume (4×2 rip con il 50% 1RM) e una seconda fase mirata al miglioramento della tecnica di gara eseguita al massimo della potenza (esercizi di gara: nel caso del powerlifting magari 5 ripetizioni singole col 90%, che rappresenta un lavoro leggero ma qualitativo nel senso che lavora sulla tecnica con un peso vicino a quello di gara). Quindi ricapitolando: 1° settimana EARLT = 4×2 50%; 2-3° settimana EARLT 5×1 90%; inizio 4° settimana = Test o gara!
      Verchoshanskij si pone un po' in contrasto con le teorie di Jakovlev affermando in sostanza che il parametro intensità non è l'unico di cui bisognerebbe tener conto per il miglioramento della performance, ponendo l'attenzione anche sul volume di allenamento. A tal proposito sostiene: "è importante sottolineare che i carichi di forza favoriscono non solo lo sviluppo della forza muscolare, come si pensava tradizionalmente, ma rappresentano soprattutto un mezzo efficace ed universale d'intensificazione del lavoro dell'organismo in un regime motorio specifico con lo scopo dell'aumento del suo potenziale energetico in tutte le discipline sportive". Il modello "allenati al massimo" e recupera secondo la curva di Jakovlev potrebbe non essere l'unica soluzione possibile, alternativa molto interessante è quella di svolgere dei carichi di lavoro non massimali ripetuti frequentemente, creare quindi degli stressor contenuti ma efficaci sul sistema nervoso e porre le premesse perché si verifichi l'EARLT, dopo alcune settimane di carico, entrare in recupero passivo (o un minimo di lavoro attivo: basso volume e media intensità) per 10-15 giorni!
      A questo punto la teoria della curva della supercompensazione diventa interpretabile. La sua applicazione è infatti molto variabile a seconda dei parametri: volume, intensità e densità del carico allenante. Prendiamo per esempio in considerazione la panca orizzontale:
      Allenamento ad alta intensità con metodo Massaroni: 5 reps – 20'' – 5 – 20'' – 5 col 75% 1RM
      Allenamento ad alto volume e media intensità: 80% 1RM 10 singole x 3 allenamenti settimanali.
      Il primo metodo in base alla mia esperienza richiede due settimane di recupero, quindi la supercompensazione partirà dal primo e unico allenamento della settimana. Nel 2° caso invece, come sottolinea Medveiev il carico è dato non da un singolo episodio allenante ma da un inseme di unità di allenamento, al termine delle quali si attenderà la supercompensazione.
      Esperienze personali: io amo svolgere non solo le powerlift ma anche quelli che chiamo gli esercizi base di supporto alle powerlift: trazioni, press in piedi e panca stretta. In particolare mi soffermo su queste ultime due, in quanto lavorano praticamente sulle stesse catene muscolari della panca orizzontale. Ebbene ho notato che eseguendo la panca stretta il sabato, non creava alcuna variazione nella performance della panca orizzontale del martedì, lo stesso discorso valeva al contrario, la panca orizzontale del martedì e il press in piedi del giovedì non inficiavano la prestazione della panca stretta del sabato. Sarebbe quindi ragionevole pensare che la panca orizzontale innesca dei sistemi di recupero differenti ma paralleli a quelli della panca stretta? In base alle evidenze empiriche si! Eppure sono due movimenti molto molto simili. Infatti in letteratura troviamo resoconti che chiariscono che la forza, ma anche la resistenza alla forza esplosiva, sono qualità condizionali altamente specifiche dell'esercizio in questione, nel senso che: il corpo addensa il tessuto connettivale lungo le linee d'azione degli esercizi allenati e codifica le stesse linee di forza per l'attivazione muscolare (Biasci).
      Per contro ho notato però che si crea una sorta di fatica generalizzata nei medesimi distretti muscolari che rendono lo svolgimento della panca stretta a fine settimana leggermente più faticoso di quello che sarebbe saltando panca e press in piedi. Potremmo allora considerare gli allenamenti consecutivi di panca orizzontale, press in piedi e panca stretta, come un unico carico allenante come nel modello di Metveiev ed entrare in recupero poi per tutta la settimana successiva? In base alla mia esperienza la risposta è si! Come vedete quindi la supercompensazione può essere interpretata in diversi modi, dipenderà dall'abilità dell'allenatore e dalla tipologia del programma che viene svolto.
      Altri spunti per interpretare la supercompensazione ci vengono sempre da Claudio Suardi e Stefano Zambelli (MFS ISSA Italia): "attraverso lo studio e l'applicazione dell'angolo di fase PA° (bioimpedenza) in altre parole allenarsi nel momento in cui il corpo ha super-compensato è stato possibile evitare sovrallenamenti inutili al fine della crescita muscolare. Allenare i clienti / atleti nella fase di risalita dell'angolo di fase ha consentito di evitare sovrallenamenti e di riallenarsi al momento di recupero accertato."
      Una curiosità… i ritmi dell'esistenza
      In cronobiologia, una branca della biologia che studia i fenomeni biologici della vita, in relazione allo svolgimento del tempo, esistono i seguenti ritmi:
      Ultradiano: T < 20 h Circadiano: 20 h < T < 28 h Circannuale: T = 1 anno ± 2 mesi Questi ritmi regolano le secrezioni ormonali. "La settimana, diversamente dai ritmi suddetti, non ha alcun riferimento astrale. Fu resa obbligatoria dalla tradizione Ebraica come prescrizione divina. Sette giorni corrispondono semplicemente al carico massimo sostenibile nel lavoro agricolo, per sua natura prettamente lattacido, ma niente lega questo ritmo al lavoro di potenza e velocità. Da qui l'abolizione del microciclo inteso come riferimento alla settimana, che resta valido per gli sport di resistenza, ma non ha senso in attività a forte impegno neuromuscolare". Giovanni Cianti Le ricerche di Cianti sono uno spunto per uscire dagli schemi che da sempre ci hanno imposto e che inevitabilmente si sono riversati anche sulla programmazione. Quindi non è detto che la supercompensazione debba durare necessariamente una settimana, come spesso è consuetudine; non è detto che tutti i gruppi muscolari necessitino degli stessi giorni di recupero (ad esempio una sessione di stacchi pesanti richiederà un numero maggiore di giorni di recupero rispetto una sessione di panca); non è detto che non possiamo allenarci il sabato o la domenica, se per esempio ci sentiamo completamente recuperati e ripristinati fisiologicamente. Come ho riportato nel titolo di questo paragrafo, questa è una semplice curiosità, uno spunto riflessivo ad invitarci ad uscire un po' dagli schemi mentali di cui spesso ci facciamo padroni, imposti dalla società e dalla cultura agricola. Imparare a sentire il proprio corpo è una sorta di connessione "mente- cellule muscolari" che ci renderà sicuramente atleti più coscienziosi e meno bigotti! Considerazioni endocrinologiche Per comprendere i benefici del periodo di scarico è bene partire dai lavori dello scienziato Hans Seyle. Questo fu il primo a studiare, negli anni trenta come gli animali reagiscono e si adattano ai così detti stressor. In sostanza di fronte ad un evento stressante, le ghiandole surrenali secernono gli ormoni adrenalina e noradrenalina che determinano la così detta "reazione di attacco o fuga", contemporaneamente le surrenali secernono cortisolo che garantisce una glicemia stabile durante lo sforzo fisico (fra le altre cose). Generalmente parte di questo cortisolo viene smaltito nell'arco di alcune ore, ma se gli stress diventano troppo frequenti, come nel caso degli esperimenti di Seyle, in cui i poveri topi venivano sottoposti a iniezioni o altri tipi di stressor su base giornaliera, il nostro corpo non riesce più a gestirlo e ad adattarsi entrando nella così detta fase di esaurimento. Quindi anche se si esegue un protocollo di allenamento Natural il nostro corpo nell'arco delle settimane accumulerebbe cortisolo da smaltire! E qui entrerebbe in aiuto proprio il periodo di scarico, che secondo i consigli di Bellotti e Donati per gli sport di forza dovrebbe essere di 2:1. "La scienza del natural bodybuilding" - Claudio Tozzi "La fatica si può presentare sia come fatica fisica che come fatica nervosa, probabilmente aspetti diversi di un unico fenomeno: l'accumulo del cortisolo, l'ormone liberato dallo stress. Anche limitando la durata dell'allenamento una certa produzione è inevitabile. Buona parte riusciamo a smaltirla nelle ore successive in modo abbastanza veloce. Quando però i carichi si sommano, a partire da un certo momento abbiamo un accumulo dei loro residui e una diminuzione della prestazione. Ne deriva che i primi allenamenti della settimana dovranno essere anche i più intensi mentre gli ultimi saranno per forza di cose più leggeri, ma non per questo meno impegnativi perché il carico verrà applicato su un organismo già stanco (in sostanza quello che si riduce è il carico esterno, ma il carico interno - cioè quello percepito dal nostro corpo - è sempre lo stesso. Quindi se facciamo panca, pusch-press e panca stretta rispettivamente negli allenamenti A, B, e C ovviamente il carico alla stretta terrà conto della fatica accumulata). Il fine settimana di riposo assicurerà un recupero quasi completo (anche questo punto è da tenere bene a mente, perché verrà rivisto da un Cianti nuova maniera). Ma anche così rimane un residuo di fatica e la seconda settimana saremo meno brillanti della prima, mentre la terza saremo obbligati a un lavoro forzatamente blando". Ricordiamo che questo libro è stato stampato nel 2002 e nel testo Cianti prevedeva 4 allenamenti su base settimanale. Nonostante ciò è interessante notare che già da allora consigliava: "c'è un minore affaticamento quando c'è varietà di stimoli. Non si dovrebbe ripetere due volte consecutive lo stesso allenamento" che è un po' il principio della varietà e delle varianti che adotta Simmons, tramite le quali afferma di eludere il meccanismo del periodo di scarico. Giovanni Cianti - Bodybuilding - Fabbri Editori